Un argine alla “temporalità sfuggente della festa”: il “Libro del Carnevale”
Il Carnevale eporediese dell’Ottocento , rifondato nella sua validazione “storica” e nella sua vocazione neo-rituale borghese si avvale (per la prima volta nel corso delle secolari vicende festive) assiduamente della scrittura.
D’altro canto lo scritto – “prestigio della cultura dotta” – permette alla borghesia cittadina, divenuta (come si in precedenza ricordato) nel corso del secolo decimonono lite “in maschera”, di “afferrare” e ricreare il Carnevale medesimo. In tale contesto la scrittura contribuisce a promuovere e a rafforzare la storicità dell’evento festivo.
Procedimento, quest’ultimo, affidato, dal ceto notabiliare urbano di Ivrea, ad una figura ben specifica – emblema di quello stesso ceto –, ovvero ad un notaio (pubblico ufficiale che stende atti e scritture, e li autentica, li tiene in deposito, ne rilascia copie). “Le fonti incartapecorite, la carta sacra, […] il documento notarile” simboleggiano “il contatto con la storicit pura”. L’azione rituale arcaica non era accompagnata dalla fonte scritta.
il mito – la ricostruzione mitico-storica – che per la sua stessa esistenza ha bisogno della scrittura volta a spiegare e a certificare. ÀLe carte del Carnevale, gli storici libri, fondano l’evento nella sua contingenza radicale: dando fisica esistenza alla storia, si incarna in essi la evenemenzialit . Come spesso accade quando la scrittura deve esibire una propria ritualit , le lettere sulla pagina dell’antico verbale ornano, ripetono, codificano spazialmente.
Nella trasformazione dal carnevale arcaico al carnevale dell’ lite municipale gli atti del Carnevale strabordano dagli archivi. La scrittura strumento di potere, di egemonia culturale, in virtù di una perfetta ripetizione dell’identico che tutto verbalizza, tutto scrive, tutto autentica, guadagna una sorta di pregressione nei confronti del reale .
Nei processi di rifunzionalizzazione in atto nel Carnevale di Ivrea, sin dall’aprirsi dell’Ottocento, la scrittura si pone dunque quale strumento imprescindibile da una socialità, affatto diversa dalla primitiva, che si esprime secondo altri strumenti, altri codici, e usa un altro linguaggio. La scrittura, di conseguenza, tende a condurre il cerimoniale festivo a una “(presunta) dignit culturale”, ponendosi quale argine “alla temporalità sfuggente della festa” – ovvero riscattando il cerimoniale medesimo contemporaneamente dalla “precarietà” della dimensione orale e dalla contingenza inafferrabile del momento fuggevole della sua attualizzazione –.
I Libri dei Processi Verbali del Carnevale di Ivrea si conservano dall’anno 1808. Tali “libri” si pongono quale paradigmatico raccordo tra l’antico e il nuovo Carnevale. Questi medesimi volumi, infatti, recano la messa a verbale della cerimonia di nomina degli Abbà. I verbali sono scritti in francese, lingua che, data la situazione politica del momento, era la lingua ufficiale del Dipartimento della Dora.
Cinque sono le Parrocchie che nel 1808 nominano gli Abbà: San Maurizio, San Pietro e San Donato, Sant’Ulderico, San Salvatore e San Grato. Come si può vedere dal processo verbale relativo alla parrocchia di San Maurizio, l’Abbà che ha tenuto il suo Priorato era stato nominato Àdans le dernier Carnaval de l’an 1807 . Così pure nelle Parrocchie di Sant’Ulderico e San Grato si tesse l’elogio dell’Abbà nominato nel 1807. Nello stesso 1808 i parrocchiani dei vari rioni nominano gli Abbà per l’anno successivo, in modo che le loro famiglie possano “apprestare il necessario, secondo l’uso del Carnevale fin qui praticato in questa città”. Chiare prove, queste, che anche prima del 1808 Ivrea celebrava il suo Carnevale.
Gli Abbà dunque venivano nominati un anno per l’altro e questo procedimento sarà mantenuto fin verso la fine dell’Ottocento. Con il 1815 i Processi Verbali vengono redatti in italiano. La fonte storica costituita dai documenti redatti all’interno della festa stessa nel secolo XIX, certifica la rilevanza, non solo simbolica, ancora assegnata alla figura degli antichi “priori” dalle badie giovanili. La medesima fonte, d’altro canto, rimanda al considerevole ruolo assunto dal Generale, nuovo “capo” della festa eporediese. Quest’ultimo, infatti, presenzia alla nomina dell’Abbà, e pone la propria firma in calce al relativo processo verbale. In tal modo risultano affiancate le due anime del Carnevale di Ivrea, quella arcaica e quella borghese ottocentesca.
Una fonte a stampa, il Dizionario […] degli Stati di Sua Maestà il Re di Sardegna di Goffredo Casalis, alla voce Ivrea, nel 1841, recita: […] Dagli abitanti di ciascuna parrocchia vi vengono nominati annualmente i cos detti abbà; e sono questi per lo più scielti giovani, ben fatti della persona, i quali nell’anzidetta loro qualità girano a cavallo per le contrade di Ivrea in quasi tutti i giorni festivi, durante il carnovale, e negli ultimi tre, portano una spada avente alla punta un arancio, od un pomo. […] Il sopraccennato libro del carnovale ebbe il suo principio nell’anno 1808, in cui si riordin questa festa popolare, e le si diede maggior lustro che non avesse da prima. Siffatto libro, che viene depositato presso il segretario della festa, serve per l’atto di sommissione con cui i padri degli abbà si obbligano di adempiere per questi alle formalità ed incumbenze dipendenti dall’accettazione di cotali abbadie; e se ne roga l’atto in esso libro l’ultimo giorno del carnovale, nel palazzo di città alla presenza del comandante e del sindaco, i quali pure vi si sottoscrivono nella loro qualità di Regi Impiegati, a cui spetta il mantenimento dell’ordine pubblico .
Come viene giustamente evidenziato dal predetto resoconto di Goffredo Casalis, la comparsa del “Libro dei Verbali” nel cerimoniale di Ivrea – e, dunque, la comparsa della scrittura nella medesima festa – segna, avvia e accompagna la rinascita-riforma del Carnevale eporediese.
Il Gran Cancelliere,
“segretario del Carnevale”
ÀTra gli officiali della festa havvi pure un cancelliere o notaio, con certa sua particolare divisa alludente alla propria carica, a cui spetta tener nota d’ogni atto, che a quelle patrie usanze si riferisca, in apposito libro, munito ogni anno del sigillo del Governo e dell’approvazione de’ locali magistrati, e che da molti anni gelosamente si custodisce […] .
Le cronache giornalistiche di met Ottocento, nel descrivere i festeggiamenti eporediesi, evidenziano il fissarsi, nella tradizione carnevalesca borghese, della figura di un “cancelliere”. Quest’ultimo era anche designato con il termine di “segretario del Carnevale”, secondo quanto testimoniano, sin dagli anni venti-trenta del secolo XIX, i verbali della festa medesima. Dagli stessi verbali si apprende come tale “segretario” fosse impersonato da un notaio della città di Ivrea.
L’insieme delle tradizioni sopra esaminate consente di giungere alla seguente definizione: il Gran Cancelliere di diritto rappresentato dal decano dei notai cittadini ed , come tale, depositario dei libri dei processi verbali su cui esercita la sua alta vigilanza. In ogni caso di sua rinuncia il Sindaco interpella man mano, per ordine di anzianit di servizio, gli altri notai della città.
Compito del Gran Cancelliere quello di custodire presso la propria abitazione i libri dei processi verbali del Carnevale, vigilare sulla loro stesura, sia per il contenuto sia per la forma, impartendo le opportune istruzioni al suo Sostituto, e di tutto ci risponde personalmente al Sindaco.
Il Sostituto Gran Cancelliere
Con la seconda met dell’Ottocento si va consolidando la consuetudine che il Gran Cancelliere – che era e rimane ancora il vero depositario dei Libri del Carnevale – si faccia sostituire dal Sostituto Gran Cancelliere, che presenzia a tutte le cerimonie carnevalesche e le verbalizza.
Nella festa odierna svolge in seno allo Stato Maggiore i compiti di pubblico ufficiale di stato civile rogante. Per tradizione riveste abiti di foggia settecentesca di impronta curiale e ha diritto di spadino. rieleggibile, ma solo ad insindacabile giudizio del Sindaco di intesa con il Gran Cancelliere.
Nella redazione dei processi verbali e nella tenuta dei libri relativi deve attenersi scrupolosamente alle direttive del Gran Cancelliere. Inoltre nel dar lettura dei verbali e nella partecipazione alle varie cerimonie deve sempre mantenere un contegno consono alla dignità della carica.
Alcune foto dai Libri dei Verbali
Anno 1960
Verbale di sospensione dello Storico Carnevale per la scomparsa dell’Ing. Adriano Olivetti
Testi: Quaccia – Gianotti. Fotografie: Federico Bona